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Video 4/6 – Tradizioni e artigianato

1982
Marco Scascighini , Nino Agustoni
Atte-Museo della Memoria

Il documento apre le porte onorando un importante cittadino di Minusio, il poeta, incisore e etnografo Giovanni Bianconi (1891-1981) che tanto ha scritto di usi e costumi del suo mondo di ieri.

Un tempo le tradizioni si ripresentavano puntualmente ogni anno: il fuoco benedetto del Sabato Santo, i bambini che con il rumore delle raganelle sostituivano il suono delle campane durante la Settimana Santa, gli scherzi per il giorno della Befana e il “bandire gennaio”, quando i ragazzi giravano fra le case trascinando e battendo grossi recipienti di latta provocando un gran rumore.

Gli abitanti di Minusio sono soprannominati “i asan” (gli asini), nomignolo che pare derivi dal tempo in cui vedendo avanzare un asino carico di sacchi di farina, provenienti da uno dei vari mulini della zona, si diceva “arrivano quelli di Minusio”.

Accanto ai vari mulini per macinare il grano, sorti sulla Roggia Molinara, erano nati il Torchio di San Martino, una risaia per sfogliare il riso, i follatoi per trattamento della lana e della canapa, segherie, e altre attività artigianali, tutti lavori ormai scomparsi.

Le immagini che seguono ci presentano i pochi artigiani rimasti al momento delle riprese di questo film, intenti nei loro lavori. Giorgio Mondada (1909-1997), fabbro esperto nel forgiare il ferro, Giovanni Scascighini, ramaio sopravvissuto alla sparizione del suo mestiere producendo oggetti artistici apprezzati in mostre sia in Svizzera che all’estero e il pittore Silvio Baccaglio che ha dato il meglio di sé affrescando soggetti religiosi in numerose cappelle.

Bella testimonianza di tempi passati è la signora Gianettoni, una delle ultime contadine che si carica sulle spalle la gerla con i prodotti del suo orto per poi andare a Locarno a venderli al mercato.

Anche la coltivazione dell’uva americana ha lasciato il posto a nuovi vigneti che producono uva merlot. Dopo la vendemmia era portata nelle cantine e rovesciata nei tini dove una volta veniva schiacciata pestandola con i piedi e, più avanti nel tempo, con l’uso di una manovella.

I contadini chiudevano il ciclo annuale distillando le vinacce per ottenere la grappa. Da notarsi che fino alla metà degli anni Quaranta del Novecento a Minusio esistevano più di quaranta alambicchi.

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Archivio Museo della Memoria: MDM0383

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17 aprile 2021
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