L’ALPIGIANO DI IERI
“L’alpigiano del tempo, non poi ancora così lontano, in cui si caricava il mulo, l’asino o il gerlo e si partiva a piedi dal piano fino all’alpe. Quattro o cinque ore di salita per giungere al cascinale con il pane fresco, sempre poco rispetto all’appetito, un po’ di companatico e l’indispensabile per campare. Stavo per dire lo stretto necessario, ma quello sarebbe stato già un lusso. In vero, l’asino o il mulo, servivano solitamente per il primo viaggio, quando si trasportavano i rifornimenti all’ingrosso; farina di mais, patate, riso, zucchero, sale raffinato per il formaggio e cibi, grezzo per le bestie. Derrate contenute in sacchi de tela bianca <sèchièta>, gli imballaggi d’allora, che venivano appesi con una corda ad una trave della cascina, fuori dalla portata dei topi.”
Così inizia il racconto di Alda Fogliani che ci descrive, in modo splendido ed esaustivo, la vita condotta dagli alpigiani durante l’estate, agli inizi del ventesimo secolo. Ci si cibava con semplici pietanze arricchite di tanto in tanto da qualche trofeo del bracconiere. Praticamente non c’erano piatti. Ciascuno aveva una la sua scodella, detta <goblo>, in ferro, ferro smaltato, in legno, oppure la classica tazzina di maiolica. Utensili che servivano per tutti i cibi, liquidi o solidi.
Sull’alpe di Cava, il primo lavoro che la comunità era chiamata a compiere, al quale era d’obbligo la partecipazione d’un membro d’ogni casadella, consisteva nel ripristino o nel potenziamento della siepe. Seguivano altri obblighi imperativi per l’alpigiano.
Ognuno contribuiva al buon andamento della vita sull’alpe. Uomini, donne e bambini; ognuno aveva il proprio compito da svolgere. Per pascolare il bestiame e per altri piccoli lavori, per esempio attingere acqua al ruscello, si contava sull’aiuto dei figlioli grandicelli o del garzone. Mungere, produrre burro e formaggio, accudire al formaggio nel grotto era compito delle donne.
Apparso su “Il Biaschese” , novembre 1980
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Archivio Museo della Memoria: MDM0576
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L’Archivio della memoria di Stabio è nato nel 2010, grazie allo stimolo di un gruppo di appassionati di storia e cultura con lo scopo di raccogliere le testimonianze dei diretti protagonisti della vita quotidiana del paese, prima che si attuasse il turbinio di innovazioni che lo hanno cosὶ profondamente modificato.