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Ciao, Paees! La storia di Guido Moresi, un emigrante della Val Colla

21 dicembre 2021
Fabio Masdonati
Giacomo Morandi

L’emigrazione ticinese verso le Americhe e l’Australia è un fenomeno che ha marcato profondamente la storia locale tra 800 e 900. A quel tempo non c’era valle o paese che non vedesse partire gli uomini per “la stagione” o per anni; come non c’era famiglia che potesse sopravvivere senza l’aiuto dei risparmi spediti “a casa” dai mariti e dai figli all’estero.

Numerosi studi storici hanno finora ricostruito a fondo il ruolo che l’emigrazione ebbe per la società ticinese, non solo a livello economico, ma anche sociale e culturale, per le ripercussioni, che il viaggio, il soggiorno all’estero, in grandi città ed il contatto con altre realtà culturali, poteva produrre al loro rientro in paese.

L’emigrazione è stato un fenomeno di massa, dentro il quale si inscrivono tante singole vicende personali, ognuna con la propria singolarità e sorte, come quella vissuta da Guido Moresi, emigrato dal comune di Certara (val Colla) in America nel 1920.

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La sua storia è raccolta in un interessante libro di Fabio Masdonati, dal titolo “Ciao, Paees! Guido Moresi e la sua esperienza negli Stati Uniti, Giacomo Morandi editore 2021 (20 CHF), con la collaborazione grafica di Gabriele Castori.

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Fabio Masdonati

Dettagli per comandare il libro cliccando qua.

Si tratta di un racconto di particolare valore, perché raccoglie con semplicità e rispetto, una testimonianza diretta, raccolta in anni di frequentazioni e di profonda amicizia tra Guido (il protagonista) e l’autore Fabio. Ad ogni loro incontro, la storia di Guido si arricchiva di particolari e di aneddoti, tanto da convincere Masdonati che quei ricordi dovevano restare come memoria collettiva. Da qui l’idea di iniziare una intervista, che Guido ha accettato con entusiasmo e una puntigliosa memoria, che prende forma di questo libro anni dopo la sua morte, sopravvenuta nel 1994.

Guido Moresi, era nato a Certara nel 1903. Nel suo racconto guida la penna di Masdonati come un regista accompagna la telecamera, in un intreccio di ricordi, di curiosi aneddoti e di una descrizione accurata della vita quotidiana della comunità di Certara di inizio secolo. Una realtà dura e immobile, dove la struttura sociale ed economica della famiglia era retta dalle donne, ed in particolare della “nonna, specifica Moresi. Con i mariti all’estero spettavano a loro il lavoro dei campi, raccogliere le legna, badare alla casa, ai figli e alla famiglia. Guido descrive i caratteri di un mondo difficile, dove si moriva per una bronchite, si mangiavano patate e verdure epoca carne, dove la vita era scandita dalle stagioni e dalla natura, secondo riti, usanze e regole comunitarie tradizionali. Ma dal racconto si capisce che al giovane Guido, quel mondo stava stretto; dopo le scuole maggiori, inizia a lavorare fuori paese, come aiuto-cucina a Lugano, prima di spiccare il volo.

In questo sta la particolarità della sua esperienza; Guido, racconta al suo intervistatore, che non parte solo per necessità, ma anche per curiosità e voglia di avventura.

Così, la Grande Guerra era appena conclusa, nel 1920 si imbarca a per l’America. Là ritrova suo padre e molti altri compaesani, che tappa dopo tappa, lungo i suoi spostamenti, gli fanno avere un lavoro e un alloggio. Prima a New York, poi a Boston, San Francisco e per finire a Oackland. Da Certara a New all’America delle metropoli Guido viene catapultato in un altro mondo: città, macchine, traffico, confusione. Certara quanto era lontana? Si integra bene Guido, lavora in ristoranti, nei “Fast Food”. Riesce a ripagare il biglietto del viaggio anticipato dal padre, una figura chiave nella vita di Guido, per il quale nutriva al contempo ammirazione, ma anche ne soffriva una sottomissione.

Il racconto è ricco di particolari e scorre piacevole, tra le peripezie del giovane di Certara. Giunge però il momento del rientro. Lui avrebbe voluto rimanere, aveva progetti per il futuro americano, ma quella era la decisione del padre: Guido, primogenito, doveva tornate al paese per “tener aperta la porta”, reggere la famiglia. E così obbedisce, e nel 1930, riprende al via del Ticino, dove ritrova la realtà che aveva lasciato 8 anni prima, uguale, immobile, la stessa vita. Guido tuttavia dà prova di responsabilità e di capacità di adattamento. Passo dopo passo si ricostruisce una vita, una famiglia, un lavoro. Qui si conclude la parabola di questo libro, lasciando il lettore alcune domande aperte, che forse lo stesso Guido Morresi, nel suo racconto ha ritenuto troppo “normali” per essere integrate nella sua “avventura”.

La testimonianza di Guido Moresi e il lavoro di Masdonati sono dunque un contributo utile, semplice e affezionato, dal quale affiora il forte legame di affetto e di fiducia che li ha legati. Un legame che non ha impedito però all’autore di raccontare la storia di Guido, con rispetto, partecipazione e con un giusto distacco. Una scelta narrativa che ci offre una piccola e preziosa storia, che dovrebbe farci riflettere sul nostro passato, “quando eravamo noi” ad emigrare, e, con un occhio al presente, non solo per capire cosa significhi oggi emigrare. Questo libro ci suggerisce che ogni migrante, oggi come allora, sui barconi o ammassati di fronte ai nuovi muri europei, aveva e ha una propria storia, una vicenda soggettiva, come quella di allora, di Guido Moresi, di Certara, “ul Paees”.

Testo redatto da Gianni Gaggini

Foto:

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Certara sotto la neve

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Guido (il primo a sinistra) a servizio militare nei soldati del treno

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La moglie Centa nata Barella

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Centa all’età di 3 anni

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1996 scena di famiglia con paesaggio

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Il duro lavoro delle donne nei campi

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Autunno 1974 a Certara

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Dimostrazione di abilità manuale nel lavoro del magnan nella fiera del paese

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Il laboratorio di Guido, officina delle meraviglie

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Breve pausa sui prati

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Guido sulla porta del regno

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Casa di Guido oggi

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Archivio Museo della Memoria: MDM0608

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