Le informazioni di membri e visitatori sono analizzate in modo anonimo per fornire il miglior servizio possibile e rispondere a tutte le esigenze. Questo sito utilizza anche dei cookies, ad esempio per analizzare il traffico. Puoi specificare le condizioni di archiviazione e accesso ai cookies nel tuo browser. Per saperne di più.
È online la nuova piattaforma nazionale: historiaHelvetica.ch

Video 1/6 – La migrazione

aprile, 2015
Sandro Bassetti, Maurizio Petralia
Atte-Museo della Memoria

Intervista a Erico Bassetti (16.2.1930 - 26.7.2018) sulle vicissitudini dei molti parenti e vallerani emigrati negli Stati Uniti d’America, soprattutto in California, negli anni trenta del Novecento, in cerca di fortuna. Periodo in cui negli USA c’era una grave crisi economica, più importante di quella in Europa. La forte migrazione dei morobbiotti in California, è comunque stata tra il 1880 e il 1930.

Partivano per andare a mungere le mucche, per lavorare la terra e venivano chiamati “i merchel”, i mungitori. Erano apprezzati e conosciuti per “la stringa”, abilità grazie alla quale riuscivano a mungere 25 mucche la mattina e 25 la sera, ottenendo 10 litri di latte giornalieri per ogni capo, a differenza dei quantitativi prodotti all’epoca in Valle Morobbia.
Il termine “deri”, definiva l’attività di pulizia della stalla. I migranti avevano una vita miserevole, dormivano su una branda senza materasso a lato della stalla, con ai piedi gli stivali, in condizioni igieniche inimmaginabili.

Pochi hanno fatto fortuna e tanti tornavano privi di tutto e più poveri di prima, al punto tale che in un toccante passaggio dell’intervista, Erico dice: “visto che la maggior parte di loro, non aveva nemmeno i soldi per pagarsi il viaggio di ritorno” e aggiunge: “se l’sügava al mar, chisà quanti i vegniva sciàa a pè! “ (se il mare si fosse prosciugato, chissà quanti sarebbero tornati a piedi!)

Anche il padre di Erico ha raggiunto suo fratello maggiore, Celestino, in California nel 1885, rimanendoci per quattro anni.

Lo zio Celestino era partito con altri 5 o 6 compaesani, che elenca con i loro soprannomi; a quei tempi i reali dati anagrafici della gente erano poco conosciuti e ognuno veniva chiamato con il soprannome, specificato da quello “ufficiale” di famiglia. La famiglia Bassetti, ad esempio, era soprannominata “i’Urs”, gli Orsi e i nonni dell’intervistatore, Sandro Bassetti, erano chiamati “i Basetin”. Un altro ceppo della famiglia Bassetti era chiamato “i Cavigia”, ma anche “i Pamplona” perché un loro nonno aveva vissuto per un certo periodo in Spagna.

Alcuni rappresentanti della famiglia Codiroli, soprannominati “i Paternoster”, avevano impiegato ben 6 mesi prima di raggiungere la California. Mangiavano una patata al giorno ed erano pieni di pidocchi a causa della scarsa igiene: li chiamavano “i Zözz”, gli Sporchi.

Erano stati tra i primi a migrare e, secondo alcune testimonianze di allora, raccontavano che chi si ammalava o non riusciva a sopravvivere al lungo viaggio sul bastimento, veniva “sepolto” direttamente sul posto, in pratica gettato a mare.

La nonna di Erico era emigrata in Argentina, a Buenos Aires, con le sorelle. Erano gli inizi degli anni ‘30 del Novecento e parecchi altri vallerani avevano scelto il sud d’America, in particolare Buenos Aires, realizzando una certa fortuna.

Ricorda una Codiroli e, vagamente, tanti altri aneddoti interessanti, rammaricandosi di non aver preso nota dei loro toccanti racconti.
Cita anche un’altra sua parente che in Argentina aveva sposato un Perez, con il quale aveva avuto 10 bambine prima del desiderato maschio.

Erico, concludendo la sua testimonianza, spiega la fondamentale importanza del famoso “fil a sbalz”, filo a sbalzo, che ha iniziato a utilizzare regolarmente all’età di 14 anni; un mezzo di collegamento geniale e pionieristico, ma pericoloso, che permetteva di spostarsi molto velocemente (in un paio di minuti) tra la sponda destra della valle, dove sono situati tutti i villaggi, e la sponda sinistra, sui vari monti.

Si tratta di un robusto e lungo cavo di acciaio sul quale veniva collocata una carrucola con legato un pezzo di legno, sul quale si “sedevano”, per attraversare la valle il cui punto più profondo arrivava a 400metri. All’arrivo, per frenare, utilizzavano un semplice ramo a forcella che veniva appoggiato con due mani sulla fune di acciaio. Gli adulti, addirittura, facevano i “viaggi” con la gerla sulle spalle contenente gli alimenti, ma anche con dentro i bambini più piccoli.

In valle Morobbia alcuni fili a sbalzo sussistono ancora e sono utilizzati unicamente per trasportare merci; il trasferimento di persone è stato vietato per ovvie ragioni di sicurezza.

Vedi foto dei fili a sbalzo cliccando qua.

Visita anche Fondazione Valle Morobbia – vallemorobbia.com

Torna al dossier Echi del tempo – Testimonianze della Valle Morobbia cliccando qua.

Archivio Museo della Memoria: MDM0085

Devi essere registrato in per poter aggiungere un commento
Non ci sono ancora commenti!
27 febbraio 2021
378 visualizzazioni
1 like
0 preferiti
0 commenti
1 dossier
00:11:14

Le nostre vite: un secolo di storia degli svizzeri attraverso le loro immagini

La rete:
Sponsor:
11,557
3,174
© 2024 di FONSART. Tutti i diritti riservati. Sviluppato da High on Pixels.