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Ritratto del pittore Bruno Nizzola

16 aprile 2021
RSI Radiotelevisione svizzera di lingua italiana

Curata da Pierre Casè, presso il Museo Epper di Ascona, nel 2016 si tenne mostra intitolata «Bruno Nizzola 1890-1963. Il pittore di Via Monteguzzo». Del pittore nato a Loco e morto a Locarno, Casè è buon conoscitore, e —oltre a saggi monografici — gli si deve anche un ritratto — pubblicato nelle pagine del periodico «Scuola Ticinese» — scritto in occasione di una precedente mostra svoltasi a Locarno, alla galleria SPAS. Citiamo per esteso il testo:

L’attività artistica di Bruno Nizzola (nato a Loco nel 1890 e deceduto a Locarno nel 1963) da parecchia gente è vagheggiata come un mito. Ma ben pochi hanno avuto la possibilità — specialmente fra i giovani — di visionarla almeno in parte. L’occasione è offerta da una felice iniziativa che vede accomunate la Città di Locarno e la Società dei Pittori Scultori Architetti Svizzeri, sezione Ticino. Infatti, dal 22 ottobre al7 gennaio, sarà aperta nei locali della ex-Casa Rusca in Piazza Sant’ Antonio a Locarno una rassegna abbastanza completa delle tematiche che impegnarono l’artista fino all’estrema estate, trascorsa in un rustico di Lavertezzo, già martoriato dal male. Nizzola: artista che non seguì insegnamenti accademici, ma che si formò attraverso l’esperienza pratica di imbianchino-decoratore. Grazie comunque a una nativa inclinazione, affinata dai consigli di un pittore locarnese immeritatamente ignorato, Giacomo Mariotti, nonché dalla frequentazione di amici quali Luigi Vassalli, Edoardo Berta, Giuseppe Foglia e in particolare Max Uehlinger, egli seppe attingere al filone emotivo tracciato da Filippo Franzoni (al quale si accompagnava, lui giovinetto, attraverso le lanche e i saleggi, affascinato dal tormento di quella tavolozza). Pure lavorando umilmente per vivere, egli visse per attuare quel grande sogno che lo portava — dopo un inizio segnato dall’entusiasmo per Corot — a fermare la realtà più feriale che lo circondava, secondo cadenze antichissime. Divenne cantore del quotidiano più dimesso, nel quale seppe infondere l’alito della sua dignitosa signorilità. In tal modo i motivi sui quali si accanì con puntigliosa sensibilità (il Bosco Isolino, la piazza del mercato, la darsena con i barconi dei dragatori, il silos, i cascinali periferici e i villaggi delle nostre vallate: ma anche i fiori e la frutta, gli animali discreti dei cortili del suo quartiere di città alta, le persone che in quel rione abitavano — artigiani, operai, anziani e bambini) lasciano palpitare brividi che non conoscono connotazioni temporali: altrove scrivevo che per Nizzola era sconosciuto il termine anacronistico. Ogni soggetto palpita di vita - non già con l’arrogante tumulto transitorio, bensì con il respiro pacato del saggio, che sapientemente trascelse dall’esistenza ciò che valeva la pena scegliere, accantonando ogni dettaglio di effetto passeggero. In concomitanza con l’esposizione, ho scritto una monografia riccamente completata con fotografie inedite in bianco-nero e con 25 riproduzioni a colori. La stessa illustra per un lato la vita a volte tribolata dell’artista (del quale propongo pensieri e lacerti di lettere ad amici), per un altro lato penso possa prospettare talune direttrici al fine di avvicinarne l’opera con animo sgombro dalle troppe limitazioni - sovente meschine - che fin qui l’hanno costretta entro confini ad essa poco congeniali.

Nel programma televisivo «Tavolozza» curato da Sergio Genni e Aldo Patocchi, l’11 marzo 1963, l’allora TSI mandò in onda questo servizio di Aldo Patocchi dedicato a Bruno Nizzola da pochi scomparso. Spiace che di questo servizio, di cui fu regista Ugo Nespolo, non sia stata conservata la pista audio bensì solo il film in 16mm.

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16 aprile 2021
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