Il valore del lago
Per comprendere appieno questo lago, è fondamentale immaginare le attività delle grandi ere nel plasmare in modo costante tutto quanto ci è visibile, e meno, sul nostro pianeta. Nel tempo geologico messiniano, circa 6 milioni di anni fa, la zona di Lugano era costituita di grandi vallate che furono scavate da erosioni fluviali. Con le grandi attività glaciali, risalenti all’ultima parte del pleistocene, tra 100mila e 10mila anni fa, il lago assunse forma piuttosto definitiva. Testimoni di questi moti sono anche i vari massi erratici disseminati sul pendio sopra il paese di Gandria.
Il nome Ceresio deriva da tre possibili interpretazioni che evidenziano epoche e culture legate alla regione stessa: dal latino “ciliegia”, dal mondo romano “più blu del cielo” e dal celtico “ramificato”. Presenta una partizione naturale che è diventata elemento di congiunzione stradale e ferroviario, dove è stato costruito il ponte-diga tra Melide e Bissone. Il lago si configura così in due parti principali, il lago nord, profondo fino a 288 metri (Gandria è a 292 metri di altitudine), e il lago sud, profondo fino a 95 metri. Una terza partizione concerne il bacino tra Ponte Tresa, Caslano e Lavena, profondo fino a 50 metri. La superficie totale del lago sfiora i 50 km quadrati, di cui un terzo appartenente all’Italia. I principali fiumi che si immettono sono il Cassarate, il Cuccio e il Vedeggio. Il fiume in emissione è la Tresa, verso il lago Maggiore.
Gandria affida al lago le sue possibilità di vita e di sviluppo. Da esso, e dalla raccolta di acqua piovana, si attingeva l’acqua vitale e di uso quotidiano. La pesca, in tempi meno recenti, era fonte di sostentamento, principalmente effettuata con reti, con canne e con faselle, le fiaccole per la pesca notturna. Era usanza, nel corso dell’Ottocento, che chi pescava nei giorni festivi era tenuto a consegnarne un terzo alla Chiesa. Oggi la pesca locale si è rarefatta, a favore dei grandi commerci ittici internazionali.
Con l’avvento del cemento, alla fine dell’Ottocento si realizzarono serbatoi che compromisero la salubrità dell’acqua. Si realizzò così un servizio idrico autonomo per tutto il paese, che si è evoluto negli anni più recenti fino all’allacciamento alla rete del Circondario di Lugano, per la quale una porzione di acqua deriva dal lago. A partire dagli anni Cinquanta, forse anche con la problematica degli inquinamenti, nel lago nord si è sviluppato, assieme all’eutrofizzazione e al minor ricambio di acqua rispetto al lago sud, il fenomeno di meromissi oltre 100 metri di profondità, una stratificazione di acque chimicamente differenti, tanto da considerarlo un lago sopra l’altro. Esso è comunque tutt’ora apprezzato per la sua balneabilità.
È abitato da numerose specie ittiche, tra le più importanti vi sono l’agone, l’anguilla, la tinca, la trota lacustre, il coregone e il cavedano. Altre, protette, sono le alborelle, i temoli e i gamberi di fiume. Sulla sua superficie scorrono a proprio agio i cigni con le folaghe, i germani reali e gli svassi, mentre nei cieli volteggiano poiane e nibbi. Svariati mammiferi e rettili si avvicinano alle sponde. Nella mite e mediterranea area di Gandria, non soggetta ai venti nordici, il lago è incorniciato di ulivi, agavi, tigli, oleandri, fichi, allori e palme. Tutto ciò a testimonianza della ricchezza del patrimonio naturale e paesaggistico in cui è insediata.
L’Archivio della memoria di Stabio è nato nel 2010, grazie allo stimolo di un gruppo di appassionati di storia e cultura con lo scopo di raccogliere le testimonianze dei diretti protagonisti della vita quotidiana del paese, prima che si attuasse il turbinio di innovazioni che lo hanno cosὶ profondamente modificato.