Siamo un popolo di stonati?
Siamo un popolo di stonati?
Per il programma televisivo «Questo e altro» andato in onda l’11 maggio 1977, Giovanni Orelli condusse un dibattito sulla competenza e sull’educazione musicale nel nostro Paese. Con lui in studio erano Alberto Vicari, musicista, docente di musica, esperto di educazione musicale nei Ginnasi, Jean Jacques Rapin, docente di musica Scuola Normale di Losanna, Alfred Rubeli, presidente della Società Svizzera dei Professori di Musica delle Scuole Secondarie Superiori, ed Ermanno Briner, capo Programmi Musicali RSI.
L’inchiesta fu presentata a pagina 7 del settimanale «Radiotivù» in edicola il 7 maggio 1977 con questo testo verosimilmente scritto da Giovanni Orelli:
Degli italiani, di cui noi, nella Svizzera italiana, condividiamo, più o meno, le forme del costume; degli italiani Eugenio Montale ebbe a dire: «Gli italiani rischiano di diventare un popolo amusicale, se non addirittura antimusicale, se pensiamo che la musica d’uso, quella che ci accompagna ogni giorno, è fatta di qualche concerto sinfonico o cameristico, qualche stagione d’opera e un’alluvione di canzonette». Montale stabilisce intanto un confronto che risulta una macroscopica sproporzione: da un lato la sporadicità dei concerti sinfonici, dall’altro l’alluvione di canzonette. Ma c’è da fare subito un’altra distinzione: tra la pratica dell’ascolto e la pratica vocale e strumentale. Di solito, in inchieste per esempio (che non mancano), si mette soprattutto l’accento sull’ascolto, e il discorso scivola nei dischi: chi li fa, chi li compera, chi li ascolta, e come ecc. Il dibattito di questa sera, senza dimenticare questo non dimenticabile aspetto della questione, vorrà privilegiare l’altro momento: quello della pratica vocale e strumentale. E la domanda cui vorrà rispondere è questa: cosa si fa per cercare di migliorare l’educazione musicale del pubblico, in particolare di quello giovanile? Ancora: che rapporto c’è tra la musica «commercializzata», largamente consumata, e la buona musica? Si può riprendere la domanda provocatoria, di parecchi anni fa, di Umberto Eco? Eccola: «Chi mi dice che il giovane che ascolta per la prima volta il disco commercializzato della Quinta di Beethoven non la colga con una freschezza ormai ignota al povero Theodor Wiesengrund Adorno, che ne paventa la diffusione e la mercificazione»?
L’Archivio della memoria di Stabio è nato nel 2010, grazie allo stimolo di un gruppo di appassionati di storia e cultura con lo scopo di raccogliere le testimonianze dei diretti protagonisti della vita quotidiana del paese, prima che si attuasse il turbinio di innovazioni che lo hanno cosὶ profondamente modificato.