Giuseppe Motta: Dio, patria e famiglia (prima parte)
Giuseppe Motta: Dio, patria e famiglia (prima parte)
Questo servizio di Werner Weick — che si avvalse dalla consulenza specialistica Willy Baggi —, andò in onda il 23 gennaio 1980 nel programma televisivo «Argomenti». Si tratta della prima parte del documentario intitolato: «Giuseppe Motta: Dio, patria e famiglia», la seconda parte del quale andò in onda il 25 gennaio 1980 nel programma televisivo «Reporter».
Il documentario è un ritratto del politico Giuseppe Motta (Airolo, 1871 - Berna, 1940) a quarant’anni dalla sua scomparsa, attraverso immagini di repertorio e testimonianze di coloro che l’hanno conosciuto in circostanze e campi diversi. Nella prima puntata, che copre il periodo che va dall’infanzia fino alla fine degli anni venti, si traccia un attento profilo psicologico del giovane Motta, della sua profonda fede cattolica e delle sue scelte culturali, destinate ad ispirare e condizionare per tutta la vita il Motta politico degli anni successivi.
Gli intervistati sono: Francesca Motta, figlia di Giuseppe Motta; Cristoforo Motta, figlio di Giuseppe Motta; Sira Motta, nuora di Giuseppe Motta; Beatrice Motta, figlia di Giuseppe Motta; Matilde Motta, figlia di Giuseppe Motta; Pino Bernasconi,avvocato; Walther Bringolf, ex Consigliere nazionale, socialista; Arturo Morcionelli, ex segretario particolare di Giuseppe Motta ed ex ambasciatore; Hermann Böschenstein, giornalista
A pagina 2 del settimanale «Teleradio» in edicola per la settimana dal 19 al 25 gennaio 1983, dopo una introduzione in cui si leggeva:
Alle prime ore del 23 gennaio del 1940 decedeva a Berna, a 69 anni, il consigliere federale Giuseppe Motta. A quarant’anni da quella data, la Radio e la Televisione della Svizzera italiana dedicheranno la loro attenzione alla figura e all’opera dello statista ticinese che, sedendo per ben venti nove anni in Consiglio Federale, fu uno dei grandi protagonisti della politica nazionale e in particolare della diplomazia svizzera in tormentati periodi della storia europea e mondiale.
si presentava con queste parole il documentario di Werner Weick:
La TSI diffonderà in «Argomenti» (il 23 gennaio) e in «Reporter» (25 gennaio) una biografia dello statista scomparso. Il servizio, realizzato dal giornalista Werner Weick, ha dovuto tener conto di alcune difficoltà obiettive connesse con la materia specifica della ricerca su Motta. Infatti, esiste pochissimo materiale filmato riferito allo statista ticinese, il che pone dei comprensibili problemi per una trasmissione in immagini. D’altro canto, il materiale sonoro (discorsi e dichiarazioni) appartiene con maggior legittimità al campo radiofonico, per cui il realizzatore televisivo ha cercato di evitare l’utilizzazione del sonoro. Inoltre, si è dovuto fare i conti con la mancanza pressoché totale di approfonditi studi e ricerche storici, al di fuori di lavori parziali e di commemorazioni agiografiche. Le due puntate vogliono soprattutto, attraverso la figura e l’opera di Motta, illustrare e capire l’importante «fetta» di storia che egli ha attraversato. Inoltre, con l’ausilio di testimonianze e citazioni, si è voluto evocare l’immagine psicologica, morale e politica dell’uomo e dello statista. Nella prima puntata — che va dall’infanzia alla fine degli anni Venti — si traccerà un attento profilo psicologico del giovane Motta, della sua fede, delle sue scelte culturali, scelte che ispireranno e condizioneranno per tutta la vita il Motta «politico» degli anni successivi. La seconda puntata abbraccia gli ultimi tormentati dieci anni di vita dello statista ticinese in un quadro che va dalla crisi economica fino al crollo delle speranze di pace, nel 1939. Parecchie saranno le testimonianze contenute nel servizio televisivo: insieme a quelle dei congiunti di Giuseppe Motta, ci saranno anche quelle di Monsignor Alfredo Leber, direttore del Giornale del Popolo, dell’«oppositore» di Motta, il consigliere nazionale della sinistra Walther Bringolf, di Arturo Marcionelli, segretario particolare di Motta e poi ambasciatore, del giornalista parlamentare Hermann Boschenstein, del direttore di allora di Libera Stampa Vinicio Salati, di Pino Bernasconi. Le testimonianze non vogliono costituire né una commemora-zione globale, né una completa analisi della vita e dell’opera del Motta. Si tratta piuttosto di trovare, attraverso la memoria di chi lo conobbe in circostanze e in campi diversi, il filo di una ricostruzione di fatti, eventi e comportamenti per capire meglio la figura di un grande protagonista della politica nazionale al quale la ricerca storica, al di là di questo momento televisivo, dovrebbe consacrare un ampio spazio di analisi.
L’Archivio della memoria di Stabio è nato nel 2010, grazie allo stimolo di un gruppo di appassionati di storia e cultura con lo scopo di raccogliere le testimonianze dei diretti protagonisti della vita quotidiana del paese, prima che si attuasse il turbinio di innovazioni che lo hanno cosὶ profondamente modificato.