Vicari filma la demolizione del Sassello nel 1939
Vicari filma la demolizione del Sassello nel 1939
Gli archivi RSI conservano un filmato girato dal fotografo Vincenzo Vicari nel 1939, nel quale sono documentate alcune fasi della demolizione del quartiere di Sassello a Lugano. La contrada di Sassello oggi è solo il nome di una strada, quel che resta di un quartiere nel cuore della vecchia Lugano, a ridosso della Via Nassa, alle pendici della collina che sale verso la Cattedrale e la Stazione ferroviaria.
Un quartiere antichissimo e popoloso, cinquanta case abitate per lo più da famiglie di artigiani e operai, con gli edifici addossati cresciuti per stratificazioni successive, vicoli stretti e tortuosi su cui si aprivano portici, rientranze, sporgenze, archi, balconate, i tetti in vecchi coppi con i caratteristici comignoli, un assieme architettonico paesano e pittoresco.
Nel 1938, stabilito un nuovo piano regolatore di quartiere, il Sassello, dove non penetrava mai il sole, con ambienti malsani ed esigui, con le sue bettole e i postriboli, venne giù a colpi di piccone per ragioni igieniche e morali, espropriato dalla Città, che aprì nuove strade ariose e pose in vendita le preziose parcelle.
Su quartiere del Sassello le Edizioni del Cantonetto, nel 2016, pubblicarono un libro curato da Carlo Agliati, il quale, l’anno prima, era tra gli ospiti di un pomeriggio di studio dedicato alla storia del quartiere organizzato dall’Archivio storico di Lugano: «Sassello, il quartiere frainteso».
Il 22 maggio 2016, la Rete Uno della RSI, mandò in onda una puntata del programma «Oggetti smarriti» curata da Francesca Calcagno, la quale ebbe modo d’intervistare lo storico Damiano Robbiani e il grafico Emilio Rissone, sintetizzando in questo testo i loro contributi alla trasmissione radiofonica:
Il quartiere di Sassello raggiunse il suo apice a fine Ottocento inizio Novecento, in quegli anni vi abitavano oltre 600 persone. Una popolazione diversa da quella del resto di Lugano: la metà degli abitanti erano italiani, altri venivano dalla vicina campagna, solo pochi di loro erano luganesi. Lavoravano come giornalieri nelle industrie luganesi (a quell’epoca c’era una fabbrica di cioccolato a Besso), come braccianti agricoli, barcaioli, ma anche il quartiere era ricco di botteghe, c’erano sellai, arrotini, una tipografia.
A donarci tutte queste informazioni è lo storico Damiano Robbiani dell’Archivio storico della Città di Lugano: «Il Sassello è considerato il vero nucleo storico della città, le origini di Lugano», racconta «ed era formato da case addossate le une alle altre».
«Erano talmente stretti gli uni agli altri che si conoscevano tutti, dai vecchi agli appena nati e appena c’era qualcuno che non stava bene si mettevano insieme per aiutare la famiglia caduta in disgrazia». Questo è un ricordo del pittore-illustratore Emilio Rissone. Suo papà a pochi passi dal Sassello aveva una pescheria, la pescheria Rissone, appunto.
«Diceva mio papà che non erano neanche case, erano come delle fette di case, con dei vicoli stretti», narra Rissone, «c’erano i pescatori, si chiamavano tutti Schmid e poi c’era un certo Paulino. Lo chiamavano Paulin Cò, andava con il cavallo e il carretto fino al laghetto di Muzzano, segava il ghiaccio e lo portava in pescheria, quando arrivava il carico era a metà».
Chi non ha vissuto o studiato il quartiere di Sassello lo ricorda come un quartiere di perdizione. “Sicuramente era una componente presente che poi era stata sottolineata dalle autorità cittadine del tempo anche per argomentare lo sventramento del quartiere”, spiega Damiano robbiani, “era definito proprio un ricettacolo di quelli che erano i mali sociali, morali oltre che sanitari, del tempo. È rinomata una casa di tolleranza tenuta da un certo Pà Cech, Francesco Belloni. Questo aspetto è rimasto nella memoria luganese”.
“Il mio amico Mauro Agliati mi diceva sempre che il Sassello è il quartiere frainteso”, racconta Emilio Rissone, “non è stato capito perché in fin dei conti l’hanno demolito e l’hanno demolito perché non hanno capito che a lasciarlo in piedi era magari un vantaggio per Lugano, era il centro di Lugano”.
Il quartiere frainteso è anche un libro appena pubblicato dalle edizioni del Cantonetto e curato da Carlo Agliati. È uno scritto prezioso per chi vuole conoscere le vere origini di Lugano. “Con la demolizione non è stata solo cancellata l’architettura o le costruzioni, ma è stato esportato il cuore pulsante di Lugano. Oggi sicuramente ne risentiamo la mancanza, oggi non c’è più un vero centro propulsore, non c’è più una vera popolazione che vi abita, Sassello rappresentava tutto questo, quindi oggi dobbiamo riflettere su cosa vuol dire intervenire così pesantemente su una città.” Queste parole, conclusive, sono del direttore dell’Archivio storico della Città di Lugano Antonio Gili.
L’Archivio della memoria di Stabio è nato nel 2010, grazie allo stimolo di un gruppo di appassionati di storia e cultura con lo scopo di raccogliere le testimonianze dei diretti protagonisti della vita quotidiana del paese, prima che si attuasse il turbinio di innovazioni che lo hanno cosὶ profondamente modificato.