L’acqua passata. 7 – I baliaggi ultramontani
L’acqua passata. 7 – I baliaggi ultramontani
Il 4 dicembre 1978 andò in onda la settima puntata del ciclo di trasmissioni curato dallo storico Raffaello Ceschi per il programma televisivo «Enciclopedia TV». Il titolo per esteso del ciclo era: «L’acqua passata. Momenti di storia della Svizzera italiana», e questa prima puntata s’intitolava: « Ibaliaggi ultramontani».
A pagina 17 del periodico «TeleRadio», n. 48, 2 dicembre – 8 dicembre 1978, la puntata del 4 dicembre veniva presentata in questo modo:
Enciclopedia TV. «L’acqua passata». Momenti di storia della Svizzera italiana
7– «I baliaggi ultramontani». Testi e ricerca iconografica di Raffaello Ceschi. Realizzazione di Mauro Regazzoni
L’acqua passata. Momenti di storia della Svizzera italiana Per quasi tre secoli, dall’inizio del Cinquecento alla fine del Settecento, le regioni che oggi formano il cantone Ticino furono sottoposte al dominio dei cantoni svizzeri. Erano dette i baliaggi italiani, oppure i baliaggi ultramontani: otto, come gli attuali distretti, e ognuno amministrato per due anni a turno da un funzionario proveniente dai cantoni svizzeri chiamato comunemente landfogto. Come furono amministrate queste terre e come sopportarono i sudditi la dominazione svizzera? Un alto dignitario svizzero scrisse alla fine del Settecento che non conosceva sulla terra un governo più perfettamente cattivo e più profondamente corrotto di quello degli svizzeri sui baliaggi italiani. Ma quasi nello stesso anno una curiosa viaggiatrice inglese aveva assistito con una certa meraviglia a Lugano a scene di grande entusiasmo, di vera e propria festa popolare, per la venuta del nuovo landfogto. La realtà appare dunque complessa e contraddittoria: questa emissione cerca di indagarla e di capire come funzionasse e come fosse accolto il regime amministrativo svizzero in queste nostre contrade.
- L’acqua passata. 1 – Il mondo dei morti
- L’acqua passata. 2 – La romanizzazione e la cristianizzazione
- L’acqua passata. 3 – Guerrieri, monaci e contadini
- L’acqua passata. 4 – Il biscione visconteo e il toro d’Uri
- L’acqua passata. 5 – L’esilio dei Locarnesi
- L’acqua passata. 6 – Il cardinale di ferro
- L’acqua passata. 7 – I baliaggi ultramontani
- L’acqua passata. 8 – L’emancipazione
Fu lo stesso Raffaello Ceschi a firmare le tre pagine di presentazione dell’intero ciclo pubblicate nel numero 80 del periodico «Scuola ticinese» del febbraio 1980.
A partire dal 18 marzo e con scadenza settimanale la Telescuola della Svizzera Italiana diffonderà un ciclo di otto emissioni sulla storia ticinese dai tempi remoti alla nascita del cantone Ticino.
Questo ciclo, già diffuso nell’autunno del 1978 per la rubrica «Enciclopedia TV», era stato inizialmente concepito per un pubblico vasto e non specializzato, non già per la ristretta schiera delle persone professionalmente interessate alla storia o ad essa addette, ma neppure prioritariamente per gli allievi delle nostre scuole medie.
È forse opportuno, allora, fornire ai docenti che seguiranno con i loro allievi tale programma alcune informazioni sugli obiettivi e l’impostazione generale, sui contenuti delle singole emissioni, a cominciare proprio dal titolo «L’acqua passata» che a prima vista potrebbe apparire piuttosto peregrino. Il proverbio dice infatti che l’acqua passata non macina più. Ebbene, questo breve e rapido viaggio attraverso la storia remota e più recente delle regioni in cui oggi viviamo e che costituiscono il cantone Ticino vorrebbe proprio mostrare il contrario, che l’acqua passata macina ancora, che gli eventi e le vicende di epoche anche molto lontane ci riguardano ancora, sono in qualche modo presenti, hanno lasciato segni e tracce non solo nel paesaggio e nel nostro ambiente di vita, ma pure nel nostro modo di essere. Il ciclo si propone infatti di mettere in luce alcuni di questi fili sotterranei che tenacemente ci legano al passato e di cui spesso non abbiamo coscienza o serbiamo una sbiadita memoria.
La televisione è un mezzo di conoscenza e di comunicazione eccezionalmente potente. L’occhio indagatore della telecamera arriva ovunque e vede meglio: bisognava dunque utilizzarlo per rivelare e rendere accessibile a tutti ciò che comunemente è sottratto allo sguardo di tutti, ciò che è nascosto, inaccessibile, disperso. Ora, appunto, gran parte delle testimonianze storiche si trova in queste condizioni. I materiali sono sottratti al pubblico o almeno poco accessibili perché dispersi in musei, archivi, collezioni e biblioteche pubblici e privati, nel cantone, in Svizzera e all’estero. Una parte dei più importanti reperti archeologici ticinesi è per esempio conservata al Museo nazionale di Zurigo, al Museo storico di Berna e altrove; qualche museo locale è attualmente chiuso per riordino e trasformazione; documenti importanti sono di proprietà privata; certe preziose collezioni, gli antichi codici miniati, le grandi cronache rinascimentali svizzere, sapide e riccamente illustrate, non sono comunemente esposti; vestigia interessanti e importanti sono disseminate in luoghi poco noti e imprevedibili. La televisione consentiva dunque di radunare nel breve spazio di una emissione tesori dispersi e nascosti, testimonianze vividamente illuminanti per la conoscenza del nostro passato.
Ma la televisione è anche uno strumento duramente frustrante, non lascia dire tutto ciò che si vorrebbe e come si vorrebbe, impone le sue leggi ed esige che sia tradotto in immagini variate e in azioni ciò che azione non è più ed ha lasciato scarse e povere immagini di sé, anzi opache e misere testimonianze in assoluto. È per esempio oltremodo difficile render conto con questo mezzo della vita associata nelle comunità rurali medioevali, di molte attività degli uomini e della vita quotidiana. Già per questa ragione il programma ha rinunciato a ogni pretesa di completezza, ma non a un disegno unitario, e si è limitato a presentare alcuni momenti nodali della nostra storia. Ha però sempre provveduto a inserire le vicende delle terre ora ticinesi nel loro più ampio e naturale contesto della storia europea, dove esse ritrovano la loro giusta collocazione e le loro reali dimensioni, evitando le distorsioni di una storia locale attenta solo a sé stessa.
La storia ticinese è stata assai intensamente studiata in parecchi dei suoi aspetti e momenti, e non è affatto vero che scarseggino le ricerche e gli strumenti per conoscerla. Certo, alcuni studi sono ormai fortemente invecchiati, molti problemi restano aperti e vasti territori scoperti. Chi guarda le cose un po’ da vicino si accorge però subito che la bibliografia storica ticinese è non solo vasta, ma anche estremamente settoriale e dispersa, oltre che di valore diseguale. Proprio questa circostanza spiega la difficoltà di tentare una sintesi, ed è significativo, ma anche preoccupante, il fatto che l’ultima impresa del genere risalga a quaranta anni fa, alla Storia del Cantone Ticino di Eligio Pometta e Giulio Rossi (Lugano 1941). Questo programma televisivo ha tentato una rapida sintesi divulgativa, cosciente dei grossi rischi che assumeva, ma anche onestamente intenzionato di almeno aggiornare le conoscenze e l’impostazione allo stato attuale della ricerca.
Prima di passare a una breve presentazione del contenuto delle singole emissioni, si segnala ancora che indicazioni bibliografiche assai diffuse, una scelta abbastanza ampia di illustrazioni in bianco e nero e a colori e i testi di ogni puntata sono stati raccolti in un volume di prossima pubblicazione. Questo libro, con la documentazione che offre, potrebbe servire come testo d’appoggio nella preparazione o nella successiva elaborazione scolastica dei materiali presentati dalla televisione, fermando e rendendo disponibili parole altrimenti labili e immagini fuggevoli.
L’Archivio della memoria di Stabio è nato nel 2010, grazie allo stimolo di un gruppo di appassionati di storia e cultura con lo scopo di raccogliere le testimonianze dei diretti protagonisti della vita quotidiana del paese, prima che si attuasse il turbinio di innovazioni che lo hanno cosὶ profondamente modificato.