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Raggenbass Rolando (27.8.1950-30.01.2005) "Disse qualcosa in tal senso" 120x99.50 cm                              Collezione d’arte del Comune

Raggenbass Rolando (27.8.1950-30.01.2005) "Disse qualcosa in tal senso" 120x99.50 cm Collezione d’arte del Comune

1997
Dicastero Cultura Balerna

Collage acrilico

Rolando Maria Raggenbass, * 27.8.1950 Balerna, † 30.1.2005 Castel San Pietro. Pittore.

Installazioni, quadri oggetto, forme biomorfe e concrezioni. Dopo un soggiorno di studio a Parigi, nel 1975 si iscrive all'Accademia di belle arti di Brera a Milano, dove studia con Zeno Birolli e si diploma nel 1979. La sua prima personale è del 1984 allo Studio Abitare di Bellinzona; nel 1989 riceve la borsa di studio dell’Unione di banche svizzere. Cominciano in questi anni i suoi spostamenti e soggiorni in area svizzero-tedesca e germanica, in particolare a Zurigo, Francoforte, Amburgo e Monaco, dove partecipa a mostre collettive e tiene delle personali. Nel 1990, in occasione della sua esposizione al Museo Epper di Ascona, viene pubblicata una ampia monografia con testo introduttivo di Fulvio Papi. Tra le mostre di quegli anni meritano una segnalazione particolare la personale, nel 1997, alla Fondazione Corrente di Milano e la partecipazione, nel 1999, all’esposizione di respiro nazionale 15 anni di giovane arte svizzera, 1985-1999 a Villa Ciani (Lugano). Sempre nel 1999, tiene una personale all’Elisarion di Minusio. Nel 2002 il Museo d’arte di Mendrisio allestisce un’ampia retrospettiva che riattraversa gli ultimi dieci anni di produzione. Un’importante mostra antologica ha luogo nel 2012 presso il Museo cantonale d’arte di Lugano.

L’opera di Raggenbass si presenta nella forma di ampi cicli: dalle prime opere ancora larvatamente narrative degli anni ’80, costituite di infinite tracce disseminate ai margini della tela, in uno spazio sfuggente e labile, alle sequenze quasi ascetiche o assolute dei Bianchi o dei Neri degli anni ’90, dove segni e forme si rapprendono in ampie superfici dando corpo ad aggregazioni e a una diversa concezione spaziale; fino ai richiami palesemente organici di grumi residuali e secrezioni color sangue a cavallo del Millennio: deflussi involontariamente lasciati da una presenza carica di eccedenze liquide. Ciò che li accomuna e attraversa è la pittura come riflessione (vale a dire specchiamento) della percezione dell’esistere: in un processo che passa dall’uso diretto della parola (spesso affidata ai titoli) quale tentativo di affabulazione sul mondo e di dicibilità sulle cose, quasi fosse ancora fattibile dare loro un senso e una direzione, peraltro subito negati dalla pittura stessa, per arrivare alla pittura organica e alla percezione biologica del corpo, avvertito con sentimento di estraneità e distacco, dentro cui comunque si radica la vita. A fare da ponte tra i due estremi, si articolano le serie dei Bianchi e dei Neri. Nei primi prevale l’imponderabile inafferrabilità dell’esistenza colta in eventi minimi oppure nello svuotamento dell’immagine, spesso affidata a spostamenti soffusi, a presenze o tracce in sospensione; nei secondi, attraverso l’uso diversificato e luministicamente contrapposto dei neri lucidi e opachi, distesi in ampie macchie che apparentemente chiudono ogni orizzonte di luce, Raggenbass forza la superficie della tela verso possibili varchi di profondità. Queste componenti spingono la ricerca dell’artista verso una concezione più organica e oggettuale della pittura, come dimostrano le interpolazioni materiche nelle pitture dei grumi sanguigni. Qui, mentre la materia pittorica strascicata o disseminata sul foglio determina tensioni e relazioni a distanza tra un elemento e l’altro, l’inserimento di materiali polimaterici o di fogli sovrapposti origina stratificazioni e corporeità oggettuali, schermi di trasparenze o profondità nuove. Il percorso conclude poi oggettivando la pittura stessa, con la creazione di strane presenze: forme biomorfe, concrezioni, organi e corpi colti in una fase incerta e sospesa del loro divenire, verso evoluzioni imprevedibili e oscure. Vi si sottende, e li accomuna, la dimensione precaria di ogni essere dentro un evolversi delle cose che sfugge a ogni presa o destino. Il periplo di Raggenbass, fatto di distacco misto ad ironia, attorno e dentro la percezione dell’esistere si consuma su note di marginalità e destrutturazione vissute come condizione dell’essere in un mondo straniante, disarticolato, dato solo per frammenti.

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5 dicembre 2022
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Le nostre vite: un secolo di storia degli svizzeri attraverso le loro immagini

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