Alptransit. Un treno per l’archeologia
Alptransit. Un treno per l’archeologia
Silvana Bezzola e Giorgio Pellegrini sono gli autori di questo servizio andato in onda il 13 maggio 1996 nel programma televisivo «Rebus». Girato a Bioggio, Mezzovico, Solduno, Concise, Corcelle, Bellinzona e Camignolo, il documentario è dedicato al rapporto tra gli scavi per la realizzazione delle trasversali alpine e l’archeologia. Quando verrà realizzata Alptransit – tale era la preoccupazione espressa nel servizio televisivo – moltissime tracce ancora sconosciute dei nostri progenitori avrebbero rischiato di scomparire per sempre, a meno che i responsabili non avessero operato con efficacia e tempestività, facendo della trasversale un’occasione per approfondire la nostra storia.
Gli intervistati sono: Simonetta Biaggio Simona: archeologa; Giuseppe Chiesi: capo Ufficio Monumenti Storici; Riccardo Carazzetti: Dicastero Musei e Cultura, Locarno; Rosanna Janke: archeologa; Klaus Wolf: responsabile Scavo Concise; Denis Weidmann: archeologo cantonale, Vaud; Sebastien Jacobi: Relazioni Pubbliche FFS; Christina Falquet: responsabile Scavo Corcelles; Marco Borradori: Consigliere di Stato, capo del DT.
A pagina 35 del settimanale «Teleradio» in edicola per la settimana dal 12 al 18 maggio 1996 si leggeva la presentazione del servizio:
Proteggere il passato
La trasversale ferroviaria è una minaccia per lo “memoria dell’antico”?
Interrogativi e risposte in “Alptransit, un treno per l’archeologia”
Di Alptransit si è parlato fino alla noia. Se ne sono discussi, e spesso con toni tutt’altro che pacati, gli aspetti economici, geografici, paesaggistici, e chi più ne ha più ne metta. Ma c’è un aspetto, della nuova trasversale ferroviaria alpina, che sembra essere rimasto nell’ombra. Il merito di averlo portato in primo piano va ascritto a Silvana Bezzola e Giorgio Pellegrini, autori del documentario Alptransit, un treno per l’archeologia, proposto alla Tsi questa settimana da "Rebus". Archeologia? E che c’entra l’archeologia con questo lunghissimo binario inventato per togliere i camion dalla strada e trasportarli su vagoni ferroviari? C’entra. C’entra perché quando Alptransit sarà realizzata moltissime tracce ancora sconosciute dei nostri progenitori rischieranno di scomparire per sempre sotto l’incalzare delle ruspe dell’enorme cantiere che attraverserà l’intero Cantone. E se qualcuno potrà credere tutto sommato secondario questo aspetto della faccenda, sarà il caso di ricordare che se oggi conosciamo, almeno in parte, il nostro passato remoto - e sappiamo per esempio che il Ticino è abitato da 7’000 anni, o che l’uomo preistorico da queste parti usava punte di freccia in selce e cristallo di rocca per cacciare, o ancora che il territorio ticinese è sempre stato una via importantissima di transito e di commerci -, se sappiamo tutto questo è perché a dircelo sono stati gli scavi archeologici condotti in oltre duecento località in tutto il cantone. Addio passato, quindi? Non è detto. Se i responsabili si muoveranno con tempestività, come è stato fatto altrove per “Ferrovia 2000”, si potrà giocare d’anticipo e trasformare il cantiere Alptransit in una occasione irripetibile per portare alla luce in anticipo tutto ciò che si trova lungo il futuro tracciato ferroviario. Ne parlano nel documentario il direttore del Dipartimento del territorio Marco Borradori, il capo dell’Ufficio cantonale dei monumenti storici Giuseppe Chiesi, alcuni archeologi e i responsabili delle Ffs.
L’Archivio della memoria di Stabio è nato nel 2010, grazie allo stimolo di un gruppo di appassionati di storia e cultura con lo scopo di raccogliere le testimonianze dei diretti protagonisti della vita quotidiana del paese, prima che si attuasse il turbinio di innovazioni che lo hanno cosὶ profondamente modificato.