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Il Piano della Stampa: il Cape Canaveral Ticinese (7/8) -  Il razzo più avanzato

Il Piano della Stampa: il Cape Canaveral Ticinese (7/8) -  Il razzo più avanzato

Vista dettagliata dell’ultimo modello, il più sofisticato di tutti, lungo oltre un metro. La parte bianca conteneva il propellente, mentre quella rossa era quella che conteneva il paracadute (che vediamo accanto al razzo), il meccanismo di apertura e il “payload” che potevano essere semplici strumenti di misura o anche trattarsi di un animaletto (mi sembra che avessimo addestrato una lucertola in una centrifuga da lavanderia, ma non ricordo se poi fu lanciata). A destra l’interno, con lo spazio per paracadute e carico, si vede la molla di espulsione e tutto in alto una batteria a 9V che grazie a un interruttore che entrava in azione quando il razzo si rovesciava, azionava il meccanismo di espulsione. Molto sofisticato e rigorosamente “fai da te” – non v’erano ancora a quei tempi manuali d’istruzione!

Contesto: Il lancio del primo uomo nello spazio, il cosmonauta russo Yuri Gagarin nell’aprile 1961, suscitò un’ondata di entusiasmo per i viaggi spaziali. Anche noi, allora allevi del ginnasio di Lugano, non volevamo essere da meno. Con scarsissimi mezzi finanziari (un paio di franchi in tasca…) ma molto ingegno ci eravamo proposti di progettare, costruire e naturalmente lanciare in alto dei modellini di razzo “fai da te”. Il problema era dove lanciare i nostri missili, in quanto non dovevano cadere in testa a nessuno (i primi erano privi di paracadute) e inoltre v’era il rischio che scoppiassero sulla rampa di lancio, cosa che succedeva!
Prima della costruzione del penitenziario cantonale, il Piano della Stampa era il luogo ideale: vasto, piatto, pressoché deserto con una vecchia cava di ghiaia abbandonata, il cimitero delle automobili del Vismara e molto più in fondo la centrale elettrica dei Massagno. Il luogo ideale per i nostri esperimenti, spesso coronati da successo ma non sempre. La rampa di lancio era un binario da tendine rubato in casa e fissato ad un bastone. In ogni caso i nostri razzi giungevano ad altitudini di qualche centinaio di metri. Ci fu anche un astronauta: un girino che però purtroppo non sopravvisse all’avventura. Noi invece siamo sopravvissuti, anche con un po’ di fortuna, visti i pericoli insiti nell’impresa.

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Claudio Abächerli
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5 febbraio 2022
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