Mosè Bertoni. L’Uomo e la realtà
Mosè Bertoni. L’Uomo e la realtà
L'emigrazione, quasi sempre, è dramma sociale per chi vi è costretto, specie quando appare come unica. possibile via di uscita da una situazione di grave disagio economico. Verso la metà dell'Ottocento, per sfuggire alla miseria e alla carestia, l'raffrontarono decine di migliaia di ticinesi, in gran parte di estrazione contadina. Soltanto nel 1854 circa 14 mila svizzeri. tre cui novecento ticinesi, presero la via dei mari diretti negli Stati Uniti, nel Sud America e in Australia. Due anni più tardi, nel solo Stato di Victoria (Australia), più della metà dei 4.500 immigrati svizzeri, erano ticinesi. Rifarsi una vita, ricominciando da capo in un paese straniero e sconosciuto, affrontando natura e forze ostili, è compito immane. Molti emigranti, infatti, finirono con arrendersi alla disperazione anche perché non tutti coloro che si avventurarono oltre oceano alla ricerca di un lavoro, risultavano idonei ad affrontare la dura lotta per resistenza in terre vergini e in ambienti profondamente diversi da quelli di origine. Altri, per contro. incontrarono la fortuna. L'«emigrazione» è un capitolo di storia del Ticino verso il quale è sempre vivo l'interesse degli studiosi. Negli anni Ottanta, la RSI trattò questo tema prima con due documentari di Bruno Soldini, dedicati ai flussi emigratori verso la California e l'Australia., quindi - nel marzo del 1985 -con un ciclo di cinque documentari che presentarono aspetti dell'emigrazione ticinese nel Sud America.
Intitolato «Mosè Bertoni. L'Uomo e la realtà», questo documentario di Leandro Manfrini, andato in onda il 14 marzo 1985, fu il secondo documentario della serie di cinque. Si tratta della seconda parte del ritratto del botanico e scrittore ticinese Mosè Bertoni.
Nel marzo 1884, Bertoni emigrò con tutta la famiglia e qualche contadino in Argentina per poi trasferirsi in Paraguay sulle rive del fiume Paranà, fondando una colonia che prenderà il nome di Puerto Bertoni con i suoi dodici figli e divenendo una celebrità in campo botanico e scientifico (crea ad Asuncion la Scuola Nazionale di Agricoltura e ricopre per un breve periodo la carica di Ministro dell'Agricoltura). Nel 1918 acquistò una stampante tipografica (a cui diede il nome «Ex Sylvis»), con la quale pubblicò tutti i suoi volumi. Ricco di onorificenze, si ritrovò tuttavia regolarmente senza soldi, nonostante la prosperità della zona. Morì il 19 settembre 1929 a 73 anni a Foz do Iguaçu (Brasile), tre settimane dopo la moglie Eugenia.
Gli intervistati sono: Hernando Bertoni, ministro dell'agricoltura, nipote di Mosè; Simen Bertoni, agronomo, nipote di Mosè; Werner Stauffacher Bertoni, figlio di Mosè; Aurora Bertoni figlia di Mosè; Liberio Bertoni, figlio di Brenno Bertoni, nipote di Mosè; Claudina Lopez Moreira, nipote di Mosè; Sigisfredo Schrosttky, nipote di Mosè; Oscar Bejarano, maestro e proprietario della stampante tipografica «Ex Sylvis»; Maria Schinke, testimone della morte di Mosè Bertoni.
- Prima parte: «Mosè Bertoni. L'avventura e utopia»
Danilo Baratti e Patrizia Candolfi dedicano apprezzamenti positivi al film documentario di Leandro Manfrini nella «Premessa» alla loro biografia epistolare di Mosè Bertoni intitolata «L'arca di Mosè»*.
Nel numero della rivista «Il Cantonetto» del febbraio 2016, lo storico Danilo Baratti pubblicò un saggio intitolato «Un ricordo del regista scomparso. Leo Manfrini, Mosè Bertoni, il Paraguay». Profondo conoscitore della figura e dell'opera di Bertoni, con Patrizia Candolfi Danilo Baratti è, tra l'altro, l'autore di «L'arca di Mosè. Biografia epistolare di Mosè Bertoni (1857-1929)», opera pubblicata nel 1994 dalle Edizioni Casagrande.
Riproduciamo i paragrafi nei quali Baratti commenta questo documentario di Manfrini: «Una consultazione incrociata delle biografie di Bertoni, dei suoi scritti e delle lettere allora conosciute permetteva già di farsi un quadro sufficientemente articolato del personaggio e della sua storia. Ma il film di Manfrini, con tutto quel che gli ruota intorno, costituisce un nuovo punto di partenza per la conoscenza di quella vicenda.
Nella narrazione manfriniana gli elementi cavati dai vari testi biografici preesistenti si fondono con nuove conoscenze tratte dalle lettere ritrovate nel 1980. E poi ci sono le interviste ai figli Werner e Aurora, raccolte poco prima della loro scomparsa (tra l'ultimo sopralluogo e le riprese era purtroppo morto Winkelried), alle quali si aggiungono le voci di altri discendenti, tra cui due nipoti che hanno vissuto una parte della loro vita a Puerto Bertoni. Ma molto parlano le immagini: le magnifiche fotografie scattate a Puerto Bertoni intorno al 1915 - scoperte nel corso della preparazione del documentario e stampate a partire dalle lastre originali - e le immagini girate da Pellegrini, che illustra l'esterno e l'interno di Puerto Bertoni prima delle ricorrenti spoliazioni di oggetti e prima delle trasformazioni che i locali hanno subito nel loro passaggio da luogo fermo nel tempo - i locali superiori erano rimasti come si trovavano alla morte di Mosè Bertoni nel 1929 - a museo prima conservativo e poi didattico.
Nell'insieme - pur con qualche imprecisione, qualche elemento "mitico" non verificato e un'enfasi del testo qua e là eccessiva - il documentario resta ancora oggi un ottimo punto di riferimento per chi vuole entrare nel "mondo" di Mosè Bertoni.
A un certo punto compaiono, nel film, anche le attrezzature tipografiche che Bertoni aveva acquistato per la sua tipografia Ex Sylvis, installata a Puerto Bertoni, nella foresta dell'Alto Paranà. Le usa un maestro, fiero di poter avvicinare così i suoi figli a una professione legata alla lettura e alla cultura. Anche qui, molto probabilmente senza Manfrini e Pellegrini nessuno si sarebbe più preoccupato di questo cimelio vivente, sul quale si è poi innestato il mio lavoro sulla favolosa storia della Ex Sylvis).
Insomma, non è solo il documentario in sé a costituire una pietra miliare nella conoscenza e divulgazione della vicenda bertoniana, ma tutto quanto ha messo in movimento prima e dopo: la raccolta di materiali, l'impegno in Svizzera e in Paraguay affinché le istituzioni si prendessero cura di quella memoria, lo stimolo a studi successivi.»
Per una introduzione alla biografia e all'opera di Mosè Bertoni, rimandiamo al sito web www.mosebertoni.ch curato dagli storici Danilo Baratti e Patrizia Candolfi.
* Danilo Baratti e Patrizia Candolfi, L'arca di Mosè. Biografia epistolare di Mosè Bertoni, Edizioni Casagrande, Bellinzona 1994, pp. 22-23
L’Archivio della memoria di Stabio è nato nel 2010, grazie allo stimolo di un gruppo di appassionati di storia e cultura con lo scopo di raccogliere le testimonianze dei diretti protagonisti della vita quotidiana del paese, prima che si attuasse il turbinio di innovazioni che lo hanno cosὶ profondamente modificato.