«Ghiariva», film di Francesco Canova
«Ghiariva», film di Francesco Canova
Andato in onda il 13 ottobre 1985 sulla TSI, «Ghiariva»è film di Francesco Canova tratto da un racconto di Guido Calgari (1905 - 1969) ambientato in Valle di Muggio negli anni Venti del Novecento.
La presentazione del film di Francesco Canova si leggeva a pagina 9 del settimanale «Tele Radio 7», in edicola per la settimana dal 12 al 18 ottobre 1985:
È programmato per domenica alle 20.20 il film «Ghiariva», del regista e sceneggiatore ticinese Francesco Canova, ambientato in Valle di Muggio negli Anni Venti-Trenta. Coprodotto dalla SSR-RTSI, ha partecipato all’ultima rassegna cinematografica di Venezia nella sezione riservata al tv-movies raccogliendo non pochi consensi. Il lungometraggio - ci spiega Canova - rientra nel progetto finalizzato a trasformare in immagini materiale letterario di scrittori della Svizzera italiana. «Ghiariva» è tratto infatti da un racconto di Guido Calgari. Racconta il rientro in Ticino da Parigi di Berto, partito pastore e ritornato uomo apparentemente «arrivato». Ma nel volgere di un giorno affiorano i problemi sociali della valle, la povertà, l’emigrazione forzata, e si sviluppa il dramma, sprigionato da sentimenti che non conoscono alcun confine come la viltà, l’egoismo, il desiderio di ribellione.
Perché Canova ha scelto «Ghiariva» per incominciare ad attuare il suo progetto? Perché conteneva temi rapportati agli Anni Venti e Trenta ma universali, come la fragilità delle situazioni, più che mai attuale anche nella nostra epoca.
Difficoltà di realizzazione? Di due tipi, anzitutto: la ristrettezza di mezzi finanziari che assedia gli operatori cinematografici della Svizzera italiana e i limiti collaterali legati a quello primario, come l’obbligo di lavorare con tabelle di marcia incalzanti, senza il tempo di approfondire, promuovendo, ad esempio, il dialogo fra regista, attori, collaboratori.
Il rapporto con questi ultimi durante la lavorazione com’è stato? Ottimo. Si sono lasciati pervadere dall’atmosfera dell’alpe, calandosi profondamente nei personaggi; pensate che qualcuno di loro, pur avendo a disposizione un ottimo albergo a Chiasso, ha dormito su letti improvvisati in valle.
Come giudica la «trasferta» a Venezia? Buona nonostante la cattiva organizzazione. Il film è stato proiettato in ritardo, con un apparecchio che faceva i capricci, su uno schermo del formato sbagliato. Ma il pubblico l’ha apprezzato. Sono i limiti di una rassegna che forse si è dispersa in troppe sezioni, fra le quali quella televisiva viene considerata da alcuni di serie B.
Con l’emissione di sabato si chiude un capitolo; sta già lavorando a quello successivo? Si, sono occupato nel secondo progetto dello stesso genere: l’adattamento cinematografico del romanzo dello scrittore grigionese Rinaldo Spadino «L’ultima radice».
L’Archivio della memoria di Stabio è nato nel 2010, grazie allo stimolo di un gruppo di appassionati di storia e cultura con lo scopo di raccogliere le testimonianze dei diretti protagonisti della vita quotidiana del paese, prima che si attuasse il turbinio di innovazioni che lo hanno cosὶ profondamente modificato.