Anita Nespoli (1894 - 1974) Finta abside prima dei restauri della Chiesa di Sant’Antonio, 1929 olio su tela, 34 x 34 cm Balerna, Collezione d’arte del Comune
Anita Nespoli (1894 - 1974) Finta abside prima dei restauri della Chiesa di Sant’Antonio, 1929 olio su tela, 34 x 34 cm Balerna, Collezione d’arte del Comune
Anita Nespoli, pittrice e ceramista, nasce a Chiasso nel 1894. Prima di frequentare l’Accademia di Brera a Milano, compie gli studi superiori a Friborgo, dove consegue il diploma per l’insegnamento del disegno. Dopo diversi viaggi di studio in Toscana, in Umbria e nel Lazio, avvia un’intensa attività espositiva, che la vede partecipare ad importanti rassegne in Ticino, oltre Gottardo e in Italia. Fra i suoi temi privilegiati si annoverano nature morte, ritratti e paesaggi. All’inizio degli anni Trenta Anita Nespoli inaugura, con la collega Anita Spinelli, una scuola di arte applicata a Chiasso, indice dell’apertura e dell’intraprendenza dell’artista in un’epoca in cui si contano relativamente poche figure femminili nel mondo dell’arte ticinese. A pochi anni prima, e specificatamente al 1929, risale questo dipinto della Collezione d’arte del Comune, che raffigura un edificio molto caro alla popolazione di Balerna: la Chiesa di Sant’Antonio da Padova, che sorge sul Colle Cereda, non lontano dal nucleo antico del paese. Edificato tra il settimo e l’ottavo decennio del Seicento (la consacrazione avviene nel 1688), il santuario è sempre stato legato a storie di accoglienza e ha subito nei secoli diversi rimaneggiamenti, in particolare nel Novecento, con lavori che ne hanno alterato l’aspetto originario. Numerosi sono gli artisti della regione che hanno lasciato nel santuario la loro impronta: Antonio Rinaldi (affreschi dedicati alla vita di Sant’Antonio), Fiorenzo Abbondio (pannelli in terracotta), Renzo Fontana (statua del Santo) e Gino Macconi (mosaici sulla facciata). Anita Nespoli raffigura la parte retrostante della chiesa e sofferma la sua attenzione sull’abside e su una parte del porticato. Il taglio scelto dall’artista è abbastanza ravvicinato, tanto che il perimetro quadrato dell’opera è quasi tutto occupato dalla costruzione. Come scrive la storica dell’arte Anastasia Gilardi nel sito dedicato all’edificio, tra il 1830 e il 1850 Giovanni Tarchini, scenografo balernitano attivo al teatro della Scala di Milano, esegue i decori geometrici della facciata e la finta abside prospettica di gusto neogotico sulla parete posteriore della chiesa. La costruzione viene completamente trasformata nel 1931, sacrificando la veste data da Tarchini, che oggi è possibile ricordare solo attraverso quest’opera di Anita Nespoli e vecchie fotografie. Nel mese di aprile del 2000, il dipinto è stato donato alla Collezione del Comune da Francis Magnin, imprenditore e appassionato d’arte.
L’Archivio della memoria di Stabio è nato nel 2010, grazie allo stimolo di un gruppo di appassionati di storia e cultura con lo scopo di raccogliere le testimonianze dei diretti protagonisti della vita quotidiana del paese, prima che si attuasse il turbinio di innovazioni che lo hanno cosὶ profondamente modificato.