I rifugiati italiani in Svizzera 1943-1945. Seconda parte
I rifugiati italiani in Svizzera 1943-1945. Seconda parte
Andato in onda l’8 gennaio 1995, «Vita di rifugiati» è il titolo del secondo episodio di una serie di due documentari realizzati da Guido Ferrari con lo scopo di illustrare che cosa avvenne dei rifugiati italiani in Svizzera tra il 1943 e il 1945. Il primo episodio, «Oltre la rete», andò in onda il primo di gennaio.
Come fu la vita dei profughi italiani fuggiti dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 e rifugiatisi nel nostro Paese?
Gli intervistati sono: Corrado Cortella: sacerdote; Enrico Fubini: musicologo; Gustavo Latis: architetto; Giulio Zendralli: farmacista; Augusto Bolla: avvocato; Filippo Sacchi: rifugiato; Gualtiero Morpurgo: ingegnere; Bruno Heim: arcivescovo; Pio Bruni: già tenente Savoia Cavalleria; Nardino Totaro: già caporalmaggiore; Adelio Rossi: già tenente; Alberto Mignoli: avvocato; Roberto PIAZZA: ingegnere; Edoardo Amman: già tenente; Dino Rovelli: già tenente; Leo Valiani: storico; Sergio Caprara: già guardia di confine.
A pagina 6 del settimanale «Teleradio» in edicola per la settimana dall’8 al 14 gennaio 1995 si leggeva la presentazione della puntata:
Nella prima parte di Rifugiati italiani in Svizzera 1943-1945 si è visto quale era la situazione dell’Italia del settembre ‘43 che spinse migliaia di militari e di civili a rifugiarsi in Ticino. I militari furono accolti, i civili incontrarono invece in parte gravi difficoltà, superate solo all’inizio del dicembre ‘43: da allora infatti anche i perseguitati razziali, cioè gli ebrei, poterono rimanere sul nostro territorio. La seconda parte del ciclo presentato da Passato, Presente… Possibile - a cura di Guido Ferrari con la consulenza storica di Renata Broggini e di Marino Viganò - si occupa della permanenza in Svizzera degli oltre 30’000 rifugiati italiani. Si ripercorrono le tappe dell’accettazione e della collocazione dei rifugiati: dal campo di raccolta al campo di quarantena: dal campo d’attesa di una sistemazione definitiva al campo di lavoro per coloro che erano nell’indigenza, alla “liberazione” dei rifugiati dotati di mezzi capaci di garantirne l’autonomia economica. Saranno i testimoni di allora a raccontarci come furono quei mesi: mesi di angoscia, di speranza e anche di noia. Per molti fu un periodo importante: il dibattito politico, imbrigliato dal fascismo, riprese nella prospettiva del dopoguerra, della costituzione degli Stati Uniti d’Europa. Furono organizzati per i giovani studenti italiani dei campi universitari, ciò che permise loro di continuare gli studi interrotti. Il Ticino diede molto ai rifugiati; ricevette uno stimolo culturale importante: i nostri quotidiani offrirono spazi ai grandi nomi della cultura italiana. Il Ticino fu anche il retroterra delle organizzazioni della resistenza e aiutò la rinascita dell’Italia democratica.
L’Archivio della memoria di Stabio è nato nel 2010, grazie allo stimolo di un gruppo di appassionati di storia e cultura con lo scopo di raccogliere le testimonianze dei diretti protagonisti della vita quotidiana del paese, prima che si attuasse il turbinio di innovazioni che lo hanno cosὶ profondamente modificato.