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Torricelli Michela, "Piccoli involti"   Collezione d’arte del Comune

Torricelli Michela, "Piccoli involti"   Collezione d’arte del Comune

2014
Dicastero Cultura Balerna

Ceramica

Michela Torricelli è nata a Lugano nel 1972, studia allo CSIA, Centro Scolastico delle Industrie Artistiche di Lugano, nella sezione di Arti Decorative, poi è a Losanna, alla Scuola Cantonale d’Arte e in seguito in Italia a Faenza, patria indiscussa della ceramica contem- poranea.

Per perfezionare la scelta ormai intrapresa lavora alla sua tesi in collaborazione con la bottega d’arte ceramica di Mirta Morigi, in seguito svolge ricerca sperimentale sul Raku con il professore Cimatti, prosegue con corsi e approfondimenti e partecipa a concorsi Nazionali e Internazionali.

Nel suo atelier nascono ciotole con centri di colore a smalto intenso, semplici di grazia e intensità, unione tra mani e terra, per giungere al potere salvifico dell’acqua. Totem di pietre chiarissime, che si sollevano in un intermittente danza di pesi, sodalizio tra l’interno e l’esterno, tra espansione spaziale e tensione temporale, magica sfi da degli equilibri. Opere che imprigionano l’instabilità, sassi di creta, vuoti, posti in verticale, tra il moto e l’inerzia d’ogni aspetto e quelle tracce indelebili, di luci e ombre. Pagine di terra, smaltate compresse, come in ricerca del punto in comune lì dove ci si tocca e i mondi fluiscono, si compenetrano e si alimentano. E quindi particolari piatti a forma di foglia di Gjnco Biloba, che come Matriosche stanno una sull’altra. Per giungere alle sue sculture, volumi custodi d’aria e luce, ricerca intrapresa dopo anni di lavoro. Come bianche meteore, o reperti lunari colme d’ombra. La tecnica intrapresa, titola spesso le sue esposizioni; è il RAKU NUDO, tecnica che si avvale in un tempo successivo, di gesti di spoliazione, il manufatto dopo la fase di cottura a biscotto e coperta da smalto e subisce la cottura Raku, dopo l’affumicatura, viene liberato dalle vesti iridescenti dello smalto, nascono volumi segnati d’aloni e tracce, le sue sculture attraversate da segni e alfabeti misteriosi.

Michela per intensità di percorso, parte dall’osservazione della natura e dialoga con la materia, con silenziosa calma, opera. Nel suo farsi l’arte va intesa come trasformazione e annunciazione della dimensione interiore, suggerisce emozioni in muta adesione d’ascolto. Con cura, divengono testimonianze, sono: centro del tempo e comprensione della materia, durata che trasforma. Sulle parete delle lavagne nere che rispecchiano aloni lattei come respiri di terra, altro Raku nudo, che intraprende un moto tra l’espandersi e il trattenersi sono crete sigillate. Le opere di Michela sono simili a sinopie a tutto tondo, allegoria sottile della coscienza, che strato su strato diviene memoria fi sica e ancestrale, come lo è un sasso, una conchiglia una montagna. Pieno e vuoto si evocano e rinnovano come avvenimento, ritmi del tempo. Michela, è consapevole che la bellezza esiste, riconoscerla è farne tesoro, “sottile e indivisibile moto del creato”.

Loredana Müller Donadini

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21 dicembre 2022
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