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Il Piano della Stampa: il Cape Canaveral Ticinese (3/8) -  Il recupero del razzo dopo il volo

Il Piano della Stampa: il Cape Canaveral Ticinese (3/8) -  Il recupero del razzo dopo il volo

Sempre al piano della Stampa attorno al 1963, dopo il lancio coronato da successo Gianni Corridori tiene in una mano la rampa di lancio, nell’altra il razzo recuperato. Questo modello era privo di paracadute, e bisognava stare attenti a non prenderlo in testa. Da notare che si girava in giacca e cravatta!

Contesto: Il lancio del primo uomo nello spazio, il cosmonauta russo Yuri Gagarin nell’aprile 1961, suscitò un’ondata di entusiasmo per i viaggi spaziali. Anche noi, allora allevi del ginnasio di Lugano, non volevamo essere da meno. Con scarsissimi mezzi finanziari (un paio di franchi in tasca…) ma molto ingegno ci eravamo proposti di progettare, costruire e naturalmente lanciare in alto dei modellini di razzo “fai da te”. Il problema era dove lanciare i nostri missili, in quanto non dovevano cadere in testa a nessuno (i primi erano privi di paracadute) e inoltre v’era il rischio che scoppiassero sulla rampa di lancio, cosa che succedeva!
Prima della costruzione del penitenziario cantonale, il Piano della Stampa era il luogo ideale: vasto, piatto, pressoché deserto con una vecchia cava di ghiaia abbandonata, il cimitero delle automobili del Vismara e molto più in fondo la centrale elettrica dei Massagno. Il luogo ideale per i nostri esperimenti, spesso coronati da successo ma non sempre. La rampa di lancio era un binario da tendine rubato in casa e fissato ad un bastone. In ogni caso i nostri razzi giungevano ad altitudini di qualche centinaio di metri. Ci fu anche un astronauta: un girino che però purtroppo non sopravvisse all’avventura. Noi invece siamo sopravvissuti, anche con un po’ di fortuna, visti i pericoli insiti nell’impresa.

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Claudio Abächerli
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5 febbraio 2022
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