Plinio Martini
Il 15 ottobre del 2000, la Rete Uno della RSI mandò in onda la terza puntata - dedicata a Plinio Martini - della serie di trasmissioni radiofoniche intitolata Acquarelli popolari, curata dal redattore Antonio Pelli e dallo storico della letteratura Renato Martinoni. Dal lavoro radiofonico prese forma il volume Scarpe e polenta. Un viaggio letterario nella Svizzera italiana del Novecento, pubblicato nel 2001 dall'editore Salvioni. Il libro è disponibile in molte biblioteche della Svizzera italiana. In questo articolo, riproduciamo la conversazione tra i due.
Restiamo in Valle Maggia. Oggi, Renato Martinoni, incontriamo uno degli scrittori più conosciuti.
Plinio Martini è uno dei nostri autori più amati. E non soltanto nella Svizzera italiana. Basterebbe guardare alla sua fortuna in quella di lingua tedesca. È nato a Cavergno, in Valle Maggia, nel 1923, e vi è morto prematuramente nel 1979. Maestro di scuola, ha sempre vissuto nella sua terra, amandola, studiandone la natura, i costumi, l'architettura rurale e difendendola spesso con vigore (al tempo della costruzione delle dighe idroelettriche e dello sfruttamento delle acque) attraverso un impegno deciso e costante. Oggi possiamo leggere i suoi interventi scritti in un libro curato da Ilario Domenighetti, Nessuno ha pregato per noi (Dadò, 1999).
Un autore che, siccome conosciuto, come lei ha detto, anche nella Svizzera interna, sarà stato tradotto al nord delle Alpi...
Le opere Plinio Martini, almeno i suoi due romanzi, Il fondo del sacco e Requiem per zia Domenica, sono stati tradotti in lingua tedesca e francese. Così come altri libri di altri autori della Svizzera italiana. Dato che ne parliamo, forse si può aggiungere che in questo settore ci sarebbe veramente da fare ancora molto: nel senso che sono pochi i nostri autori che hanno avuto o hanno la fortuna di essere tradotti, non dico in inglese, ma almeno nelle parlate nazionali elvetiche. Questo limita in maniera assai rilevante la possibilità, per un pubblico di lingua non italiana, di poter incontrare questi scrittori e, attraverso loro, di conoscere meglio il panorama letterario della Svizzera italiana.
Per tornare a Plinio Martini, forse non tutti sanno che, accanto all'opera di prosatore, egli scrisse anche dei versi...
Ha esordito come poeta, pubblicando negli anni Cinquanta un paio di raccolte di liriche. Ma poi ha continuato a scrivere poesie (che avrebbero preso un taglio più epigrammatico) per tutto il resto della sua vita.
Che tipo di poesia?
Leggendo i suoi primi testi dobbiamo in qualche modo riconoscere che si tratta ancora di prove piuttosto esili, tutto sommato diligenti, in cui sono riconoscibili gli amori letterari del giovane maestro: come per esempio Ungaretti e Cardarelli. La poesia degli anni più maturi, purtroppo, non è ancora stata riunita in volume. Ma i testi noti rivelano altri amori, come per esempio Montale.
Vogliamo fermarci sui titoli dei due suoi romanzi, Il fondo del sacco e Requiem per zia Domenica?
I titoli di queste due opere sono rivelatori dei loro contenuti. Offrono chiavi di lettura molto interessanti. Nel primo, Il fondo del sacco, che è stato pubblicato nel 1970, ci possono essere almeno due elementi: da un lato il bisogno di vuotare il sacco, di cavare fuori una verità, o almeno un senso da quella che è la dimensione più intima dell'uomo, dalla sua esperienza, che cresce, si accumula, si stratifica e poi diventa sempre più difficile da leggere.
L'autore vuole svolgere un groviglio...
...un groviglio di dati individuali, ma anche di eventi collettivi, di tragedie quotidiane che hanno sconvolto per secoli la quotidianità familiare e sociale, di fatti storici ed economici come la povertà, come l'emigrazione, come la perdita di vecchi e solidi valori sociali. È quindi urgente nello scrittore di Cavergno questo bisogno di tirar fuori, di raccontare. E raccontare, non dimentichiamocelo, significa sempre ripensare. Non vuol dire semplicemente buttare sul tavolo degli eventi. Ma c'è anche sicuramente una seconda dimensione. Il "fondo del sacco" è anche una realtà, diciamo così, chiusa, lontana da quelli che sono i posti in cui la modernizzazione avviene con maggiore velocità: sono i luoghi in cui si conservano più a lungo i lati buoni e i lati cattivi della vita sociale della storia dell'uomo.
L’Archivio della memoria di Stabio è nato nel 2010, grazie allo stimolo di un gruppo di appassionati di storia e cultura con lo scopo di raccogliere le testimonianze dei diretti protagonisti della vita quotidiana del paese, prima che si attuasse il turbinio di innovazioni che lo hanno cosὶ profondamente modificato.