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Incontro di Eros Bellinelli con Remo Rossi

13 ottobre 1981
RSI Radiotelevisione svizzera di lingua italiana

Questo servizio di Eros Bellinelli andò in onda nel programma televisivo «Orsa Maggiore» il 13 ottobre 1981. Realizzato con la regia di Ludy Kessler, è un ritratto dello scultore Remo Rossi. Un’occasione per ammirare e conoscere le sue opere sparse su tutto il territorio della Confederazione e prodotte in quasi 50 anni di attività. Il servizio di Bellinelli attira anche l’attenzione sul fatto che, attorno al suo atelier, Rossi aveva creato alcuni laboratori, nei quali lavoravano sia suoi illustri colleghi (Jean Arp, Italo Valenti), così come giovani artisti: Gudrun Müller, Pedro Pedrazzini e Marco Gurtner.

«SIKART Dizionario sull’arte in Svizzera» dedica a Remo Rossi – nato a Locarno il 27 settembre 1909 e morto a Berna il 30 dicembre 1982 – un ampio ritratto firmato da Maddalena Disch nel 1998. Ne riportiamo degli estratti, invitando alla lettura completa:

«Figlio di un intagliatore di pietre, frequenta dapprima la Scuola di arti applicate a Lucerna (1925, da Joseph von Moos) e dal 1926 al 1931 l’Accademia di Brera (studi di anatomia; corsi di disegno con Gottardo Barbieri). A Milano studia però soprattutto presso lo scultore Ernesto Bazzaro. Tra il 1932 e il 1935 soggiorna prevalentemente a Parigi, dove è allievo di Paul Landowski all’Ecole nationale supérieure des beaux-arts e di Charles Despiau all’Académie scandinave. Nella capitale francese, pervasa dal clima dell’Ecole de Paris, Rossi si sistema nel quartiere popolare di rue d’Alésia; frequenta il vicino Dôme dove incontra tra gli altri Alberto Martini e Gino Severini. Rientrato definitivamente a Locarno nel 1936, avvia un’intensa attività che gli assicura una posizione di rilievo nel panorama culturale ticinese. […] Nel 1943 sposa Bianca Bernasconi; nel 1944 nasce il figlio Giancarlo. Dal 1950 al 1972 viaggi di studio in Europa, Russia e paesi del Mediterraneo. Nel 1959, ai Saleggi di Locarno, crea attorno al proprio atelier una serie di altri studi nei quali soggiornano Jean Arp, Fritz Glarner, Hans Richter, Italo Valenti e altri. Nel 1965 è tra gli iniziatori del Museo d’arte contemporanea di Locarno allestito nel Castello visconteo, di cui diviene conservatore.

Sull’arco di un cinquantennio il realismo della scultura di Remo Rossi si manifesta in tre principali modalità stilistiche. Negli anni ‘30 e ‘40 prevalgono nudi femminili e ritratti improntati prevalentemente alla tradizione classica conosciuta a Parigi: Charles Despiau e Aristide Maillol sono i riferimenti principali per i volumi pieni e le espressioni pacate delle figure in bronzo o pietra. Da Emile-Antoine Bourdelle e da Auguste Rodin Rossi riprende il contrasto tra forma viva e forma sublime. Nel decennio successivo le levigate definizioni formali si fanno più incisive; una progressiva stilizzazione rende le figure, prevalentemente bronzee, più scarne e spersonalizzate. […]

I temi spaziano dai soggetti biblici e allegorici ad animali e acrobati. Caratteristico di questo periodo è il grande Pegaso realizzato per la facciata del Palazzo governativo a Bellinzona (1958), accanto ai numerosi galli, alle capre, ai tori e ai gatti coevi. […]

Dalla quiete delle sculture classiche iniziali alla tensione delle figurazioni successive, Rossi manifesta anzitutto un elogio del mestiere. La sua intensa produzione è contraddistinta da un’imperterrita ricerca e da un continuo approfondimento espressivo. Gli stili che coabitano nel suo operato, sviluppati tramite l’assimilazione di varie esperienze plastiche, rispondono alla sua fiducia nel reale, inteso come veicolo di immediata comunicazione sociale. Staticità e dinamismo si intrecciano e si alternano nelle figurazioni sacre e profane, ora opponendo alla luce volumi pieni, ora lasciando che lo spazio compenetri i vuoti. La materia è lavorata enfaticamente per figurare momenti di esistenza individuale e collettiva, per cogliere la vita negli elementi che la fondano. Per Remo Rossi l’arte è natura trasformata dall’artista; il metro di misura di tutte le cose resta sempre l’uomo: le sue attività, le sue irrequietudini e aspirazioni.»

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