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I Tarilli di Cureglia

3 marzo 1972
RSI Radiotelevisione svizzera di lingua italiana

Piero Bianconi è l’autore del testo di questo servizio di Francesco Canova, andato in onda il 3 marzo 1972 nel programma televisivo «Situazioni e testimonianze». Ne è argomento l’opera dell’artista cinquecentesco Giovan Battista Tarilli (Cureglia, 1549 - 1614) che operò nel nostro Cantone: importanti sono gli affreschi di scene sacre lasciate da lui su tutto il territorio cantonale.

«SIKART Dizionario sull’arte in Svizzera» dedica all’autore ticinese un ampio ritratto firmato da Federica Bianchi nel 1998. Ne riportiamo degli estratti, invitando alla lettura completa:

«La data di nascita di Giovanni Battista ci è stata tramandata dalle cronache del parroco di Comano Domenico Tarilli, fratello dell’artista. La prima opera del pittore risale al 1574 e si trova nell’Oratorio di S. Bernardo vicino a Comano. L’anno dopo, Tarilli firma e data la tela raffigurante la Pietà e Santi già a Milano in S. Martino in Compito, oggi a Rho nel Collegio degli Oblati Missionari. In seguito è all’ abbazia di S. Donato a Sesto Calende impegnato in un ciclo di affreschi datati 1581. […]

Fin dalle prime battute, la carriera artistica di Tarilli appare in stretto rapporto con le crescenti esigenze devozionali maturate grazie all’opera dell’arcivescovo Carlo Borromeo. All’indomani del concilio tridentino, la diffusione dei precetti borromaici sul ripristino e l’abbellimento regolato degli edifici sacri coinvolge i territori della Lombardia Svizzera. Tarilli partecipa attivamente alla decorazione di molte chiese ed oratori situati lungo importanti assi di comunicazione, contribuendo in modo incisivo a manifestare la presenza della fede cattolica contro l’incalzare della Riforma.

Dopo un inizio da autodidatta, l’artista riceve la sua formazione a Milano come provano le sue opere certe, la tela conservata a Rho e i cicli affrescati a Sesto Calende e a Bizzarone. In tutte è evidente l’adesione a uno stile fondato sulla narrazione semplice e chiara delle scene sacre imparata dai maestri lombardi del primo Cinquecento: Bramantino, Bernardino Luini e Leonardo da Vinci. Il linguaggio pittorico di Tarilli, senza riservare grandi cambiamenti nell’arco di quasi cinquant’anni, resta fedele a un marcato carattere didascalico intriso di citazioni tratte dal quattrocentesco Antonio da Tradate e dai milanesi Campi. Le due versioni dell’Ultima Cena (a Novazzano e a Sesto Calende) si ispirano invece a Leonardo, riproponendo un modello che, nel Sottoceneri, aveva goduto di una notevole fortuna, testimoniata dall’affresco luinesco in S. Maria degli Angeli a Lugano e dal Cenacolo di Ponte Capriasca, entrambe di qualità superiore rispetto alle repliche tarillesche. Da ultimo, va notato l’uso di incisioni coerente con l’intento propagandistico proprio della pittura di Tarilli: in S. Pellegrino infatti, per la raffigurazione del Giudizio Universale, l’artista si affida all’invenzione dell’incisore veneziano Giovan Battista Fontana.»

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6 aprile 2020
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