"La santa opera della demolizione"
"La santa opera della demolizione"
Fonte: Libera Stampa
Data di pubblicazione: 13 giugno 1914 e 1° maggio 1918
Autore: erbi (Renato Ballerini)
La vignetta qui proposta è apparsa per la prima volta sull'edizione del 13 giugno 1914, accompagnante un lungo articolo in prima pagina intitolato "Un anno dopo"; il foglio socialista celebrava così il suo primo anno di vita. Il disegno, fortemente allegorico, rappresenta una giovane donna con il seno scoperto (tipica icona della libertà e del progresso sociale nell'iconografia dell'Ottocento) intenta a scalzare il tempio barcollante della vecchia civiltà, dal quale scappano tre personaggi nei quali sono facilmente riconoscibili un capitalista, un ufficiale e un ecclesiastico. Figure che incarnano i tre poteri coalizzati contro l'emancipazione del popolo: i padroni dei mezzi di produzione, le autorità politiche borghesi e gli esponenti della Chiesa. In forma di didascalia, una citazione del politico garibaldino Luigi Castellazzo (1827-1890), esponente dell'estrema sinistra storica d'ispirazione repubblicana e laica.
È la redazione stessa del giornale a chiarire nell'articolo che inquadra il disegno il senso della vignetta: "Fermare la nostra idea fissa nella santa opera della demolizione. Demolizione che vuol dire essenzialmente trasformazione, nel campo sociale, nel campo politico, nel campo religioso. È la ragion d'essere del nostro pensiero: la donna avvenente della vignetta… prosegue la sua opera di abbattimento del tempio traballante dove ancora imperano la ingiustizia economica, il privilegio politico, la menzogna religiosa. Giustizia, libertà, verità devono essere le tre dee del nuovo tempio che dovrà prendere il posto del rovinante edificio che la civiltà e la stampa libera debbono terminare di demolire". Si tratta quindi di un atteggiamento ideologico detto "massimalista" che propugna una rivoluzione socialista pur conducendo nella pratica una politica riformista e istituzionale.
La vignetta, ripubblicata sul numero del 1° maggio 1918, è opera, come le altre apparse nei primissimi anni su Libera Stampa, di Renato Ballerini ("l'artista che dà alla Libera Stampa i prodotti impagati e impagabili della sua valentissima matita", si legge sempre sul numero del 13 giugno 1914), pittore e disegnatore ravennate che si era stabilito in Ticino nel 1910. Collaborò al foglio socialista, del quale fu anche amministratore, con articoli e disegni fino al 1920, quando se ne allontanò per divergenze politiche.
L'archivio di Libera Stampa è solo uno tra il centinaio di fondi gestiti dalla FPC.
L’Archivio della memoria di Stabio è nato nel 2010, grazie allo stimolo di un gruppo di appassionati di storia e cultura con lo scopo di raccogliere le testimonianze dei diretti protagonisti della vita quotidiana del paese, prima che si attuasse il turbinio di innovazioni che lo hanno cosὶ profondamente modificato.