Pittore, incisore e affreschista; ma anche scrittore e uomo di radio — Felice Filippini (1917-1988) è stato un artista che ha avuto forte percezione del dolore segreto di un paese — il Ticino — che, dagli anni Cinquanta in poi, ha conosciuto una trasformazione radicale, cancellando abitudini di vita quotidiana che davano stabilità all’orizzonte di chi vi viveva. La sua resa espressionista di volti, figure e luoghi è l’effetto impresso dalla mano della modernità suoi luoghi e le persone ch’egli vedeva davanti a sé. I curatori del sito web ufficiale del pittore catalogano come «opera pubblica» [1] l’affresco intitolato «Il dramma dell’attualità», realizzato da Filippini tra il 1975 e il 1976 all’ingresso della sede della Televisione della Svizzera italiana. Il critico Flaminio Gualdoni [2] definisce il grande trittico l’«opus magnum» della maturità dell’artista, in un testo nel quale prosegue dicendo: «opera sviluppata su 16,60 metri complessivi per 3,45 di altezza, svolta su toni che rimemorano i lucori e la concitazione scesi per i rami dai diletti Tintoretto e Magnasco, l’impresa s’imparenta per qualche verso, nel celebrare un topos della modernità, al grandioso La Fée Électricité di Raoul Dufy per il Pavillon de l’Électricité all’Expo Universale del 1937.
È, anche, una sorta di summa sintetica di alcuni dei temi frequentati da Filippini per una vita, dai musicisti ai movimenti di folla, dalle figure danzanti ai personaggi a braccia levate. Per curiosa coincidenza nello stesso tempo un altro artista della sua generazione dai cromosomi tintoretteschi e surreali, Cesare Peverelli, sta lavorando a un’opera di concezione affine, L’atelier de l’artiste, un vasto telero in cui sono compresenti i temi maggiori della sua vicenda pittorica, che viene presentato al Musée d’Art Moderne de la Ville de Paris nel maggio 1976. È evidentemente un’occasione di bilancio, questa, per Filippini, dopo un quarantennio in cui la pittura ha rappresentato la passione divorante, insieme lo specchio ustorio e l’unica terapia possibile dell’anima.
Egli annota, a proposito di Il dramma dell’attualità: “Nel vestibolo immenso l’estesissima parete con l’epopea del presente. Altro non ne dirò – se non che quasi la si direbbe opera estrema di un uomo: ma questo vecchio fanciullo è qui, respira, chiede fraternità in cambio della sua. Si sa che ancora dipingerà”. Sino alla fine.»
Raccolte in questo dossier, negli archivi della RSI sono conservate alcune fotografie scattate il 12 dicembre 1975, che ritraggono Felice Filippini mentre realizza la sua opera all’ingresso della sede della RSI a Comano. Sul ponteggio, con pennelli e vernice — talvolta la sigaretta —, il pittore in camice bianco alterna momenti di osservazione ad altri di lavoro, con lo sguardo al bozzetto.
[1] - [felicefilippini.ch/opere_pubbl...]
[2] - [flaminiogualdoni.com/?p=15248]
L’Archivio della memoria di Stabio è nato nel 2010, grazie allo stimolo di un gruppo di appassionati di storia e cultura con lo scopo di raccogliere le testimonianze dei diretti protagonisti della vita quotidiana del paese, prima che si attuasse il turbinio di innovazioni che lo hanno cosὶ profondamente modificato.