Franco Loi, perché c’è dell’altro
Franco Loi, perché c’è dell’altro
Nato a Genova il 21 gennaio 1930 e morto a Milano il 4 gennaio 2021, Franco Loi è stato uno dei più grandi poeti italiani del Novecento. Collaborò regolarmente con la Rete Due della RSI negli anni Ottanta, realizzando numerose interviste e scrittori e poeti. La sua prima produzione poetica nacque tra il settembre 1965 e l’estate 1974 —quasi “sotto dettatura”, diceva, quando lo si incontrava nei corridoi della radio a Lugano-Besso: “scrivevo versi per quattordici ore filate al giorno, mi sono sempre considerato amanuense di Qualcuno”. Fu Franco Fortini a scrivere l’introduzione al poema Stròlegh, pubblicato da Einaudi nel 1975, ma qualche mese prima Dante Isella aveva attirato l’attenzione su questo straordinario poeta nelle pagine del secondo «Almanacco Dello Specchio». Autore di più di venti libri di versi, Loi ha scritto in una lingua di sua invenzione, mescidando il dialetto milanese con il genovese, e innestando in una sintassi che forzava la lingua per mostrare le cose del mondo come solo lui le vedeva espressioni dialettali di tutta Italia sentite per le strade di Milano. Per lui, compito del poeta era mettersi all’ascolto dell’Altro, e trascriverne la voce quanto più fedelmente possibile.
L’intervista che Michele Fazioli fece a Franco Loi il 17 marzo 2002 per il programma televisivo «Controluce» risale ad una stagione, nella quale l’autore è ormai pienamente consapevole del motivo per cui, giovane poeta, aveva l’impressione di scrivere sotto dettatura: perché c’è dell’altro.
«Se parla el milanes», inchiesta di Leandro Manfrini, Enrico Morresi e Giorgio Pecorini - con Franco Loi.
L’Archivio della memoria di Stabio è nato nel 2010, grazie allo stimolo di un gruppo di appassionati di storia e cultura con lo scopo di raccogliere le testimonianze dei diretti protagonisti della vita quotidiana del paese, prima che si attuasse il turbinio di innovazioni che lo hanno cosὶ profondamente modificato.